equitaglia 1789
7 Agosto 2011
Si sparse peduncolando, il rimbombo dei passi. Sembrò farsi largo tra giacigli di vento. Trascorse tra vetrate e porte automatiche, si perse nel calpestio di stampanti e computers.
Gli impiegati però, non compresero subito.
Qualcuno su Facebook aveva nitrito la solita sbobba di pacifismo allungato; commenti centrosinistroidi dell’ultima ora consigliavano la calma. Ma Facebook si nutre di maggioranze, di graffi alla schiena del mondo. Forse per caso, forse per destino, il richiamo a nuova pazienza non bastò. E fu tutto bellissimo.
Il nome degli ultimi suicidi fu orgoglio e bandiera. Nel loro ricordo, nella tua memoria, si alzò il mormorio della folla. E le strade si aprirono alle strade, all’unisono si scoperchiarono i palazzi, e la gente, la bella gente, la santa gente, si mosse come un unico essere pensante.
Poi arrivarono i forconi. Un’altra idea che era piaciuta a tutti.
Richiamavano i grandi turbinii della storia, in particolare la fiumana parigina del 1789. Non che tutti fossero consapevoli del riferimento; forse, anzi, dei forconi piaceva semplicemente il pensiero che le loro punte potessero infilzare non solo covoni di paglia, ma anche grossi culi. I loro culi.
Così milioni di forconi cominciarono a indicare come molte dita il cielo, e a camminare, ognuno insieme alla propria persona.
L’intero stivale prese a vibrare in un unico sogno, la rabbia delle brave persone attraversò come un brivido la spina dorsale del paese, senza remore e senza un avviso.
I giornali arrivarono tardi.
Le televisioni non fecero in tempo.
All’ombra dell’ultimo reality, sulla scia del prossimo talk-show si accese l’ultimo anelito di vita di un’epoca mai cominciata.
E alla fine, furono davvero gli impiegati i primi a capire.
Se si fosse trattato di un altro ente, di altri uffici, probabilmente li avrebbero lasciati andar via. Ma sai, per questi funzionari non poteva esistere il ragionamento “non hanno colpa, fanno il loro lavoro”. Si sapeva che erano addestrati alla burocrazia e si sapeva di come godevano nell’infliggere i loro incartamenti. Con quel sorrisino sfatto da avvoltoi in divisa d’ordinanza, quella protuberanza amorfa in camera endocranica vigile e superba, non si smentivano, non rispondevano e solo calcolavano, rateizzando a interessi aguzzini.
Tasse, dazi, balzelli e pinzellacchere pagate 100 volte e accresciute a bella posta per schiacciare, per succhiare il pane ai morti, mentre lassù imperavano le escort della casta. Sanzioni usuraie su famiglie di persone; pignoramenti di auto, case, mobili ed esistenze intere. Mentre lassù mafioseggiavano corruzione a delinquere e camurria.
Loro erano 51% Agenzia delle Entrate. 49% Inps.
No.
Non li lasciarono andar via.
E non vi fu tumulto. Nella prima sede la gente, la buona gente, la santa gente, entrò con calma.
Si udì soltanto un colpo di tosse. Poi un bambino tra la folla urlò, forse senza capire: “abbasso Equitaglia !!!”…
I forconi calarono sugli sportelli, sui terminali, sulle stampanti, sulle scrivanie.
I fogli, le cartelle… volarono via.
Gli impiegati…
Non vi fu sangue.
Perchè li impiccarono.
La ghigliottina parigina fu sostituita dalla corda cravattara che loro stessi avevano per decenni rappresentato come sistema. In tutta Italia, contemporeanamente.
Non si vide polizia. Nè carabinieri, nè esercito. La folla faceva troppa paura. O forse anche loro erano la folla.
Quando dopo qualche ora tutto fu finito, qualcuno scrisse su Facebook: “ora tutti a Montecitorio”.
E la gente, la buona gente, la santa gente, di nuovo si mosse.
Inesorabilmente.
Come un unico essere pensante.
©Thomas Pistoia
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