Terapia d’urto
9 Febbraio 2011Dottore.
Le sto scrivendo da un altro mondo. Un pianeta nuovo sul quale ho messo piede, oggi, per la prima volta…
Sì. E’ come rinascere, guardare ciò che mi circonda con occhi diversi.
Ho camminato per anni, Dottore – nessuno meglio di Lei che mi ha avuto in cura può saperlo – su un filo d’acciaio teso tra due sgabelli a tre gambe; ho tenuto tra le dita dei piedi decine di fiammiferi accesi; ho perso la barba, mi son cresciuti capelli sansonici e – atroce quest’ultima tortura – ho combattuto ogni giorno contro l’essere umano che amo di più.
Lei lo sa, Dottore, Lei lo sa quanto sia enorme, smisurato, esagitato il sentimento che mi unisce a mia moglie ! Quanto sia vitale per me la sua presenza, il suo sorriso, il calore delle sue mani ! E… perderla così, da un giorno all’altro!
Divorzio, Dottore! Divorzio!
Ma lo sente? Lo sente come è abnorme il suono stesso della parola?
Le consonanti! D, V, R, Z!
Quale altro vocabolo ha un abbinamento e un ordine alfabetico tanto sconnesso, sfrattato, lugubre!
Non c’è! Non c’è altro termine, nella nostra lingua, che riesca a fare così schifo!
Provi… Provi a ripetere!
D-I-V-O-R-Z-I-O
Stomachevole, antiestetico, sacrilego!
E’… è… E’ BRUTTO! Brutto come l’incubo che indica!
Discussioni Urla Porte sbattute
Schiaffi Pianto di bambini Piatti in frantumi
Parolacceinsultibestemmie Minacce Assenza totale di rapporti sessuali
Proteste dei vicini Letti separati Tradimenti
Cornutoputtanavoglioimieifigli Stronzo Pranzi e cene in solitudine
Valigie Tornodamiamadretornacierestaci Avvocati
Alimenti Angosce
Ma la cosa più avvilente, Dottore ! La cosa che proprio ti fa impazzire, ti pulsa nel cervello, rimbalza, grida, fa troppo rumore…!
Il silenzio.
Il silenzio, Dottore.
Quando c’è lei e ci sei anche tu. Quando lei non dice niente e tu non hai più nulla da dire.
Il silenzio uccide, Dottore. Uccide.
Uno, chessò, potrebbe provare a ricominciare aggrappandosi a un bel ricordo!
Rammenti il primo bacio ? O la prima volta che… ? Ti ricordi la nascita di nostro figlio ? E il suo primo giorno di scuola? E la gita a Pescasseroli ?
TI RICORDI, CAZZO, CHE CI AMIAMO? CHE CI SIAMO SPOSATI PER QUESTO?
Silenzio
Tutto passato, tutto finito, assenza totale di ogni forma di dialogo, nulla, Dottore, nulla che possa salvarti e salvarla !
Ma… attenzione ! Cos’è che Lei mi ha consigliato di fare l’altro giorno durante la seduta ?
Non se l’aspettava, eh ?
Con la Sua voce ferma, decisa… professionale, mi ha detto: “Deve rintracciare le cause ! Deve fare tabula rasa degli avvenimenti e risalire piuttosto alla loro origine ! Forse, riuscito in questo, potrà eliminare il germe che ha inquinato il suo matrimonio e, chissà !, magari, piano piano, potrà tentare un riavvicinamento con sua moglie”…
Testuale ! Me lo ricordo testuale !
Forte, eh ?
Ora: io ho seguito il Suo consiglio, sì, l’ho seguito.
Ho chiuso gli occhi e mi son detto: pensa.
No, no, lascia perdere i rancori, le liti, le frasi, i troiai, le quisquilie !
PENSA. Torna in-die-tro. Indietro.
Dottore.
Dottore…
Ho fatto di tutto. Ho unito i ricordi ai documenti: foto, lettere, biglietti, telegrammi, videocassette, regali di natale, di compleanno, di anniversario… E ce l’ho fatta ! Ho trovato il germe !
Sono felice, Dottore ! Sento che ora tutto cambierà, sento che la mia vita avrà una svolta !
Ma lo so, Lei è un medico, vuole prove, dati scientifici… ha ragione.
Ripercorra, allora, con me, il processo deduttivo. Deduttivo.
Prima domanda: quando sono cominciati i problemi ? Al terzo anno ? Al settimo anno ?
Noooo, Dottore ! Son cominciati (e qui il grande colpo di genio !) PRIMA del matrimonio ! Da fidanzati !
CHI (perché la radice è un “chi” non un “che cosa”!) ripeteva “ ma sì, è un bravo ragazzo, ma guadagna poco, non è laureato, e quella barba, fuma, sì ti vuole bene, certo, però veste male, non è del nostro ceto, il padre che lavoro fa ?, ce l’ha una casa ?, sei sicura che ti sposa ?, avrà mica qualche malattia venerea ?“
Bene. Abbiamo fatto il primo passo. Procediamo con le altre domande.
CHI ha preteso – anche a costo di ridurre in miseria la famiglia – una cerimonia nuziale altisonante, lussuosa, esagerata, celebrata da otto sacerdoti, corredata da banchetto per circa quattrocento persone, quindici antipasti, cascata (odiosa !) di prosciutto crudo, trentasette camerieri, lampadari in vetro di Murano, direttore in livrea con gemelli d’oro massiccio, bomboniere in terracotta, album fotografico di ottantadue foto copertinato in pelle di camoscio, ballo generale con cha-cha-cha, rumba, the best of Edoardo Vianello e Macarena?
CHI, dopo il matrimonio, ha cominciato a pretendere visite ossessive, continue, mensili, settimanali, giornaliere e nel contempo a preventivare un “verrò a vivere con voi, onde evitarvi viaggi inutili” ?
CHI, raggiunto questo obiettivo, ha cominciato ad intromettersi in ogni più piccola discussione, in ogni più piccolo alterco, CHI ha fomentato, aizzato, ALIMENTATOTORTURATO ogni incomprensione, subdolamente, vigliaccamente, che ogni tentativo da parte mia di combattere era causa di malori – oh, il cuore ! – affanni, ambulanze, ricoveriospedali, rimorsi…
CHI?
Mi ha messo contro la moglie.
Mi ha allontanato dai figli.
Mi ha chiamato buono a nulla, porco, schiavista, miserabile.
DottoreDottoreDottore.
DottoreDottoreDottore !
Ho trovato la causa. L’ho SCOVATA.
E l’ho eliminata.
Questa piccola donna, mingherlina, che gridava e gridava, comandava, s’intrometteva nella mia vita privata, nell’educazione che impartivo ai miei figli e minava irreparabilmente la serenità della mia famiglia: questa serpe, questa vipera, questo lanzichenecco, questo staffilococco: ora è qui, seduta di fronte a me.
E non parla.
Ora non è nient’altro che un’anziana donna dal volto pallido e contratto nella smorfia di una frase offensiva lasciata a metà. Uno sguardo fisso, sbarrato, perso nel vuoto di due zigomi incoronati da rughe tese fino allo spasimo.
E non parla, Dottore, non parla più.
L’unico rumore che fa è un ridicolo plic-plic sul pavimento; gocce che, colando giù dal forellino rossastro che ha in mezzo alla fronte, attraversano parte del naso, scivolano lungo una delle palpebre inferiori, si sporgono su una guancia, infine si tuffano nel vuoto…
Plic-plic
Sì, le ho sparato.
Le ho buttato una mano in faccia, le ho spinto la testa contro lo schienale della poltrona, ho schiacciato la canna della pistola al centro della sua fronte e…
BANG!
E’ schizzato sangue dappertutto ma… Ah, che soddisfazione!
Sono guarito, Dottore. Ed il merito è Suo.
Ora la mia vita – dopo qualche inutile processo in cui sosterrò la mia innocenza e, in via subordinata, la mia incapacità di intendere e di volere – è finalmente libera.
Comincerò una nuova esistenza. Forse con mia moglie, forse no, comunque con una donna.
E non permetterò più a nessuno di far cadere veli di silenzio sulla mia famiglia.
Sono guarito, Dottore.
Sono su un altro pianeta.
Sono felice.
Perché ho ammazzato mia suocera
©Thomas Pistoia
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